Sanremo 2022, la prima serata e quella paura della normalità

Sanremo 2022, la prima serata e quella paura della normalità



Ci vorrebbe una donna, ma non una donna giusto per dire, ci vorrebbe una donna di forte personalità, di alto profilo, una donna in grado di ricoprire il suo ruolo, una donna capace, in gamba, tipo una donna come se fosse un uomo. E se non si trova pazienza, chiamiamo Ornella Muti che è famosa e a conoscono tutti. Così dopo romanzo Quirinale tocca alla telenovela Sanremo mettere in scena sempre la solita solfa della donna a caso, confidando nel fatto che a furia di fare tentativi a caso prima o poi qualcosa di buono possa uscirne. Magari la prossima volta.

Così la piccola star paralizzata dal terrore, aggrappata al gobbo neanche fosse il cellulare di Casellati, si impegna a non smettere di respirare fino al momento in cui viene interrogata sugli uomini, tutti decessi, con cui ha recitato nei novantanove film della sua carriera. Ma dura poco, e Amadeus prova a non lasciarsi contagiare dal virus della paralisi. Tira dritto, dall’inizio alla fine, come i bravi presentatori, e quest’anno è bravo sul serio, senza la stampella Fiorello che lo costringe all’unico siparietto trascurabile, quell’inutile bacio forzato col direttore Coletta.

Per il resto ha le redini ben strette e lo spettacolo va, come la barca di Orietta, anche se quest’anno sta sulla nave nel nulla. E questo senso di lontananza resta un po’ nell’aria, quasi che fosse troppo rilassarsi davanti alla leggerezza del festival, che ricomincia tra i tamponi. E fa una certa impressione vedere l’Ariston pieno zeppo, con la stolida platea in abito da sera e mascherina che fa finta di impazzire per gli inutili Medusa, dimenandosi come in gioco aperitivo di prima serata. Così il sacro rituale si svolge con dovizia guardinga, avanti e indietro tra le generazioni sparse, che riportano in scena i grandissimi vecchi e qualche volta regalano l’emozione dei nuovi di zecca. Anche quel filo di noia alla fine va bene, perché sembra un rientro nel quotidiano perduto, tanto qualche brivido non si nega a nessuno, figuriamoci a Sanremo, tra la sontuosità dei Maneskin, il battesimo di Achille Lauro vestito di tatuaggi e il brivido dei “Brividi” di Mamhood e Blanco.

E perfino la scaletta viene rispettata, con aria sospetta, come se il fatto che tutto sia andato liscio faccia un po’ strano, perché in fondo, nonostante l’enfasi dell’attesa, l’euforia del telegiornale, l’entusiasmo inusitato, è ancora difficile lasciarsi andare davvero. Come se fossimo in un tempo normale che ancora normale non è. 



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di Beatrice Dondi
espresso.repubblica.it
2022-02-02 00:06:00 ,

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